ASSENZA. ORFEO-EURIDICE. [studio]

di e con Francesca Berardi e Filippo Mantoni

costumi e scene Stefania Cempini

foto Paolo Monina

La perdita. Il vuoto. L’assenza.

Orfeo emerge dalle ceneri,

si muove tra le ceneri e dalle ceneri prende vita la sua ricerca

di Euridice, delle tracce dei loro dialoghi interrotti, di sé stesso.

Orfeo è solo.

Orfeo è voce spezzata che diventa canto doloroso.

Orfeo è un corpo vuoto che cerca la chiave per tornare ad essere pieno.

Orfeo è incompiuto, mutilato.

Orfeo è desiderio incessante di completarsi attraverso l’altra.

Orfeo è tentativo di recupero, tra le pieghe della memoria, negli angoli di oggetti, negli strati di cenere, nelle forme dell’assenza.

Orfeo è possibilità di accettazione, di riscoperta, di rinascita, di germoglio di nuove radici.

È un canto a due corpi, due microfoni e due fari.
È il nostro sentirci incompiuti dentro la nostra compiutezza, è la nostra ricerca di ciò che abbiamo perso, di ciò che eravamo, di ciò che avremmo voluto essere.
È il nostro tentativo di accettazione del cambiamento, di adattamento.
È una rinascita che deriva dalla perdita.
È il vuoto che permette al pieno di esistere.
È la ricerca di una chiave, di senso.
È un viaggio di discesa nel punto più profondo degli inferi e di risalita per tornare a sé.
È presa di coscienza
dell’assenza.